Meglio un euro oggi che una lira – muta – domani
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12:18 04.12.2018
Mario Sommossa da: SPUTNIK
Tra i graditi lettori di queste pagine c’è ancora qualcuno che accarezza l’idea che se l’Italia uscisse dall’Euro avrebbe solo da guadagnarci. Perfino qualche sedicente economista (in verità pochi) coltiva ancora questa ipotesi. C’è da capirli, perché è indubbio che questa valuta sia nata troppo presto e su delle premesse sbagliate.
Non che il proposito fosse sbagliato in sé: è naturale che Stati che puntino a una loro unificazione la prendano in considerazione. Il problema, come fu fatto osservare dagli osservatori più avveduti dell’epoca, era che per dare i suoi giusti e benefici frutti sarebbe stato necessario avere anche un’unica guida politica o, almeno, che esistesse l’uniformità fiscale.
Senza queste due condizioni fu naturale che accadesse ciò che è avvenuto e cioè una crescente diseguaglianza nello sviluppo economico dei Paesi che l’hanno adottata. Il fatto stesso che l’emissione dei titoli di Stato dei vari Paesi sia valutata dal mercato in modo molto diverso (il famoso spread ne è un esempio) è già il sintomo di un meccanismo non perfetto.
Negli Stati Uniti, ad esempio, in tutti gli Stati (compreso quelli in sostanza falliti come la California) gli interessi sul dollaro sono sempre gli stessi ma loro sono, appunto una “federazione”. Noi, al contrario, siamo soltanto un simulacro di “confederazione” e in realtà nemmeno quella…
Ammettendo quindi che sarebbe stato più opportuno procedere a una vera e maggiore integrazione politica ed economica prima di varare una valuta comune, è indubbio che, ora che ci siamo dentro, uscirne sarebbe perfino peggiore. Chi sostiene che sia meglio tornare alla Lira ritiene che con una moneta indipendente e svalutata noi italiani diventeremmo più competitivi sui mercati internazionali.
Purtroppo, se è pur vero che le esportazioni ne sarebbero avvantaggiate sul breve termine, non bisogna dimenticare che pagheremmo più care tutte le importazioni e specialmente le materie prime di cui abbisogniamo. Non dobbiamo dimenticare che noi siamo un Paese di trasformazione: importiamo energia e commodities, li lavoriamo, esportiamo il prodotto finito e da questo processo deriva la nostra ricchezza. E’ per questo che ogni ipotesi di autarchia non è concepibile per noi, così come ogni “svalutazione competitiva” fatta nel passato ha dato frutti solo sul breve tempo, annullando presto il vantaggio acquisito. Il vero problema però non sta solo qui.
Gli aspetti più gravi riguardano quel che succederebbe nel momento in cui una nuova Lira si trovasse ad agire da sola sui mercati internazionali. Immediatamente, tutte le agenzie di rating declasserebbero il debito pubblico italiano, non più protetto dall’essere causa comune con le altre economie. I nostri titoli declassificati si avvicinerebbero sempre di più al livello definito “spazzatura”, obbligando il Tesoro ad aumentare i tassi dell’interesse che dovrà pagare verso i potenziali acquirenti. Inoltre, la svalutazione aumenterebbe immediatamente il prezzo di tutte le merci importate e ne deriverebbe, automaticamente, una crescita esponenziale dell’inflazione.
Detto per inciso, il nuovo passaggio da una valuta all’altra favorirà quegli “arrotondamenti” speculativi che gia’ conoscemmo nel momento dell’adozione dell’Euro. Non basta: poiché non tutti avranno un’immediata fiducia nella moneta nazionale, ci sarà una fuga di capitali all’estero verso valute considerate “più stabili” o più “sicure”. Ciò obbligherebbe il Governo, qualunque esso sia, a un maggiore controllo su tutte le transazioni finanziarie e, probabilmente, alla necessità di limitare la quantità denaro liquido che si potrà ritirare dalle banche (come successe in Grecia).
Se svalutazione deve essere, per volontà dei mercati del Governo o di entrambi, dovrà almeno avvicinarsi al 30% rispetto al valore attuale dell’Euro. Davanti a una tale nuova e improvvisa concorrenza, è immaginabile che, per difendere le proprie imprese e il proprio mercato, gli altri Paesi Europei decidano allora di introdurre barriere doganali (dazi), almeno per alcuni prodotti. Sapendo che i Paesi Europei rappresentano oggi lo sbocco di più del 50% delle nostre esportazioni, è facile immaginare le conseguenze per le nostre aziende.
La situazione diventa ancora peggiore se pensiamo a coloro, imprese o privati cittadini, che hanno acceso debiti con le banche. Se il Governo, com’è probabile, imporrà una riconversione forzosa a parità di cambio attuale tra l’Euro e la Lira, è evidente che, con il naturale innalzarsi (pressoché immediato) dei tassi d’interesse ufficiali, anche le banche, pena il loro fallimento, saranno obbligate ad aumentare esse stesse i loro tassi creditori.
Immaginate quindi cosa succederà a chi ha contratto un mutuo a “tasso fisso” (per chi ha un tasso variabile il disastro sarà automatico): vedersi imporre il passaggio da un tasso debitore del 2-3% a uno dell’8-9%. Non è possibile? Forse non tutti se ne sono accorti, ma sia nell’acquisto dei titoli di Stato italiani sia nella sottoscrizione dei mutui a tasso fisso esiste oramai una clausola che autorizza le emittenti a modificare il tasso prestabilito nel caso di variazioni straordinarie delle condizioni di mercato.
Infine occorre considerare che la riconversione dall’Euro alla Lira può essere imposta da un qualunque Governo a tutti i creditori nazionali ma con quelli internazionali va negoziata e, molto probabilmente, una buona percentuale dovrà essere ripagata con quell’Euro, oramai rivalutato, e da noi abbandonato. Se l’Italia rifiutasse di trovare un accordo con i creditori internazionali, ciò significherebbe l’impossibilità di ottenere nuovi prestiti sui mercati finanziari stranieri. In altre parole, nessuno ci darebbe più prestiti o sottoscriverebbe i nostri buoni del Tesoro. Nemmeno il Fondo Monetario Internazionale, a meno che non gli cedessimo, di fatto, la nostra sovranità economica. Qualcuno ha quantificato il danno che potremmo subire nel primo anno dopo l’uscita dall’Euro attorno ai 170 miliardi di Euro.
L’abbandono della moneta unica per noi costituirebbe dunque una beffa oltre al pesante danno che ne subiremmo. Un’ultima considerazione che va fatta è che, con tutto il male che possiamo volergli, l’Euro è oggi la seconda valuta mondiale più usata nel commercio internazionale dopo il dollaro. Anche in tutte le Banche Centrali del mondo l’Euro è la seconda valuta di riserva (sempre dopo il dollaro), destino totalmente impensabile per una nuova Lira. Se vi domanderete che importanza abbia questo fatto, basta pensare che gli USA possono permettersi di stampare dollari a volontà, sicuri della loro accoglienza nel resto del mondo, e “pompare” così la loro economia senza troppi timori per l’inflazione interna.
Ciò che dobbiamo avere il coraggio di dirci è che la causa dei nostri mali attuali non deriva dalla moneta cui partecipiamo.
Lo dimostra la circostanza che, nonostante tutto, le esportazioni italiane nel mondo sono continuamente in crescita e la nostra bilancia commerciale è attiva. Le ragioni della crisi che attraversiamo, legata anche alla globalizzazione selvaggia, vanno ricercate piuttosto dove nessun Governo italiano, da almeno trent’anni a questa parte, ha saputo mettere mano: la non certezza del diritto che deriva dall’inefficienza della giustizia civile, la fiscalità elevata causata dall’incapacità e dagli sprechi della pubblica amministrazione, la corruzione diffusa, l’evasione fiscale e il mercato nero, la non-meritocrazia nel pubblico e nel privato e, infine, dai bassi investimenti nella ricerca tecnologica.
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